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Plasma iperimmune, ecco come procede la raccolta. E dallo IEO arriva uno studio sulla durata degli anticorpi

Plasma iperimmune, ecco come procede la raccolta. E dallo IEO arriva uno studio sulla durata degli anticorpi

riportiamo da Avis nazionale:

Che la seconda ondata del Covid-19 sia in corso è ormai innegabile. E non solo in Italia. I numeri dei contagi non lasciano spazio a dubbi e, a corrente alternata, il rischio di nuovi lockdown generalizzati o meno si fa sempre più concreto. Dall’Europa all’Asia. E dall’Oms non arrivano notizie incoraggianti nemmeno sulle tempistiche per l’eventuale vaccino contro il virus.

Durante un evento su Twitter, infatti, la ricercatrice capo della stessa Oms, Soumya Swaminathan, ha avvertito le persone giovani e in salute sul fatto che «potrebbero dover aspettare fino al 2022 perché la priorità verrà garantita agli operatori sanitari, in particolare quelli in prima linea e a rischio maggiore, e successivamente agli anziani». Insomma, lo scenario è abbastanza chiaro. Tuttavia, in una situazione generale come quella attuale, c’è un progetto che potrebbe, involontariamente, subire una nuova accelerazione: quello legato alla raccolta di plasma iperimmune, cioè il plasma donato dai pazienti guariti dal Covid-19 che hanno sviluppato gli anticorpi utili a debellare il virus.

Dati ufficiali del Centro nazionale sangue, fissano a 3185 le subunità di plasma iperimmune (raccolto da 113 servizi trasfusionali italiani) disponibili nelle banche del sangue delle varie regioni. Ma nonostante il nostro sistema trasfusionale sia coinvolto anche in due progetti europei come SUPPORT-E e ESI, ad aver registrato una battuta d’arresto negli ultimi mesi è stato il protocollo Tsunami, avviato dall’università di Pisa e coordinato dal professor Francesco Menichetti. Come spiegato già dallo stesso Menichetti, «il nostro protocollo prevede la somministrazione su pazienti precoci e non su quelli con difficoltà respiratorie già conclamate. Tuttavia, il decorso apparente del virus e il ridotto numero di positivi ad oggi potrebbero rallentare questo percorso di studio». Era il 29 maggio. Nei giorni scorsi, su Italia Oggi, il professore ha ribadito come ad oggi al protocollo abbiano aderito «76 centri, di cui 15 attivati e solo 8 di questi hanno iniziato a reclutare pazienti». Sarebbero meno di 40 i soggetti coinvolti dallo studio e, come ha sottolineato Menichetti, «per portare in fondo questa sperimentazione ne servirebbero oltre 400 e 250 per stilare una prima analisi preliminare». Tuttavia, è di pochi giorni fa la notizia del primo paziente arruolato proprio per il protocollo Tsunami all’ospedale “Carlo Poma” di Mantova. Come ha dichiarato a Il Giorno il direttore dell’Immunoematologia e Medicina trasfusionale, Massimo Franchini, «finalmente siamo riusciti ad arruolare il primo paziente. È stato un iter lungo e difficile che ha richiesto alcuni mesi per il completamento delle procedure per l’autorizzazione di Mantova come centro sperimentatore. Siamo comunque tra i primi centri italiani ad avere iniziato l’arruolamento».

Ma quanto durano gli anticorpi sviluppati dai pazienti che hanno contratto il virus? A rispondere a questa domanda ci ha provato lo IEO (l’Istituto Europeo di Oncologia) o, più precisamente, il laboratorio Covid che si trova al suo interno. Qui i ricercatori hanno condotto uno studio, pubblicato sul Journal of Clinical Medicine, dal quale è emerso che nelle persone che hanno sviluppato una forma poco grave della malattia, il livello di anticorpi prodotti si dimezza entro un mese dalla guarigione. Nell’indagine sono stati analizzati i sieri di 16 soggetti colpiti da forme più lievi del virus e di 23 per i quali è stato necessario il ricovero in terapia intensiva, dopodiché sono stati confrontati con quelli di 436 persone non infette e coinvolte in precedenti studi dello IEO. Qui i ricercatori hanno evidenziato come coloro non ospedalizzati avevano livelli più bassi di anticorpi che, entro un mese dalla guarigione, risultavano dimezzati.

L’analisi per il momento si è fermata a 4 settimane dalla negativizzazione, ma è già in corso un nuovo studio per osservare la vita degli anticorpi per periodi più lunghi e in una popolazione più ampia.